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Buco dell’ozono. Dagli anni ’80 ad oggi, una vittoria per l’umanità

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inquinamento buco dell’ozono

La sfida che il buco dell’ozono ha rappresentato sin dagli anni Ottanta è in media una vittoria per l’umanità, ma come tutte le cose della natura, che richiedono equilibrio, questa è solo la tendenza. Infatti, dopo anni di successi nella lotta alla riduzione del livello di ozono, questo è tornato a impoverirsi. E la causa è stata resa nota di recente: emissioni illegali di CFC provenienti dalla Cina orientale.

Il buco dell’ozono, storia di una battaglia che ci ha visti uniti

Lo strato di ozono si trova nella stratosfera terrestre, tra i 10 e i 50 km di distanza dal suolo. È una sottile e preziosissima “buccia” di gas che agisce come scudo, assorbendo gran parte delle radiazioni ultraviolette emesse dal Sole, che altrimenti renderebbero impossibile la vita sulla Terra. Un equilibrio delicato, dunque. Che, con il progresso, si è venuto a rompere. Era il 1985 quando Nature pubblicò una ricerca che legava le emissioni di CFC (clorofluorcarburi) al preoccupante declino dello strato di ozono sull’Antartide. La comunità internazionale reagì prontamente e restò coesa – come non riesce invece a fare oggi,  per combattere il riscaldamento globale – stabilendo nel Protocollo di Montreal (1987) un piano di lotta a questo pericoloso fenomeno. I clorofluorocarburi vennero progressivamente sostituiti con gas meno dannosi, in grado comunque di svolgere l’effetto refrigerante e propellente per cui i primi venivano usati. I CFC hanno un lungo tempo di decadimento ed essendo gas instabili e facilmente combinabili, una volta in quota, a contatto con i raggi UV (quelli da cui lo strato di ozono ci protegge) rilasciano clorina. Una sola molecola basta a distruggerne 10.000 di ozono. C’è voluto del tempo perché i risultati del protocollo di Montreal fossero apprezzabili: per anni, il buco dell’ozono ha continuato ad ampliarsi e lo strato ad assottigliarsi. Poi, negli ultimi venti, questo fenomeno è rallentato e lo strato di ozono ha iniziato a riprendere la sua naturale ricchezza. Non è, purtroppo, un processo lineare.

Emissioni non ammesse di CFC contro gli sforzi mondiali per richiudere il buco dell’ozono

Mentre il livello di ozono stratosferico è aumentato sul pianeta, i risultati non entusiasmano proprio là dove il buco è più evidente. Lo “strappo” si riduce lentamente, a volte resta stabile, altre aumenta.  Le temperature terrestri e i vortici antartici influiscono in maniera naturale sulle condizioni dell’ozono, così come il tempo di decadimento dei CFC – un centinaio di anni – va tenuto in considerazione. Eppure c’è dell’altro. Dal 2018 il virtuoso “ripascimento” (ci si perdoni il termine) dell’ozono stratosferico sta mediamente rallentando. Studi approfonditi e simulazioni eseguite al computer basate sulle correnti atmosferiche hanno mostrato un aumento del 110% dei CFC immessi illecitamente dell’atmosfera, provenienti dall’area Cina orientale. Una quantità che coincide all’aumento del 40-60% delle emissioni illecite. È possibile che i gas siano provenienti anche da altre zone della Cina stessa, o da paesi dell’Africa orientale e/o dall’India, tutte aree dove i controlli sono carenti.

Emissioni illecite di CFC: non solo buco dell’ozono

Il governo cinese ha aumentato il suo impegno contro le emissioni illecite, sequestrando ingenti quantità di CFC, spesso utilizzati in schiume per l’isolamento termico degli immobili. I CFC, dicevamo, sono anche responsabili del riscaldamento globale. Una sola tonnellata fa gli stessi danni di 5.000 tonnellate di anidride carbonica, pari alle emissioni annuali di CO2 dell’area metropolitana di Londra.

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