Anthropocene è il progetto multimediale organizzato dalla FONDAZIONE MAST di Bologna. In anteprima in Europa la mostra indaga l’impatto dell’uomo sul pianeta attraverso le straordinarie immagini di Edward Burtynsky, i filmati di Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier e le esperienze immersive di realtà aumentata.
Il progetto Anthropocene è un’esplorazione multimediale che documenta l’indelebile impronta umana sulla terra: dalle barriere frangiflutti edificate sul 60% delle coste cinesi alle ciclopiche macchine costruite in Germania, dalle psichedeliche miniere di potassio nei monti Urali in Russia alla devastazione della Grande barriera corallina australiana, dalle surreali vasche di evaporazione del litio nel Deserto di Atacama alle cave di marmo di Carrara e ad una delle più grandi discariche del mondo a Dandora, in Kenya.
Il progetto si basa sulla ricerca del gruppo internazionale di scienziati Anthropocene Working Group impegnato nel raccogliere prove del passaggio dall’attuale epoca geologica – l’Olocene, iniziata circa 11700 anni fa – all’Antropocene (dal greco anthropos, uomo). La ricerca è volta a dimostrare che gli esseri umani sono diventati la singola forza più determinante sul pianeta.
La terraformazione del pianeta mediante l’estrazione mineraria, l’urbanizzazione, l’industrializzazione e l’agricoltura; la proliferazione delle dighe e la frequente deviazione dei corsi d’acqua; l’eccesso di CO2 e l’acidificazione degli oceani dovuti al cambiamento climatico; la presenza pervasiva e globale della plastica, del cemento e di altri tecno-fossili; un’impennata senza precedenti nei tassi di deforestazione ed estinzione: queste incursioni umane su scala planetaria – argomentano gli scienziati – sono così pesanti che i loro effetti sono destinati a perdurare e a influenzare il corso delle ere geologiche.
I mezzi espressivi di Anthropocene
La mostra utilizza diversi mezzi espressivi. Trentacinque fotografie di grande formato di Edward Burtynsky.
Quattro murales ad alta risoluzione, in cui si abbinano tecniche fotografiche e filmiche, che evidenziano il lavoro sinergico dei tre artisti: grazie a brevi estensioni video di Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier integrati in queste enormi fotografie, i visitatori possono esaminare nei più minuti dettagli e in modo immersivo la complessità delle incursioni umane sulla Terra attraverso la App AVARA (scaricabile gratuitamente su Apple App Store e Google Play, sul proprio smartphone/tablet o sui tablet messi a disposizione da MAST).
Tredici videoinstallazioni HD curate dai due registi offrono vivide riflessioni sull’Antropocene, sui singoli scenari che lo rappresentano, e favoriscono la comprensione della portata e dell’impatto del fenomeno.
Nel percorso espositivo si trovano inoltre tre installazioni di Realtà Aumentata [RA] che ricreano su smartphone e tablet un modello fotorealistico tridimensionale a grandezza naturale di impressionante verosimiglianza, consentendo ai visitatori di tutte le età di “toccare con mano” alcuni degli effetti devastanti causati dal dominio dell’uomo sulla terra come l’estinzione di una specie animale.
Le esperienze di RA sono create con la tecnica della fotogrammetria in cui migliaia di fotografie ad alta definizione, scattate da tutte le angolazioni, vengono assemblate in ambiente digitale e sono visibili con la App AVARA (scaricabile gratuitamente su Apple App Store e Google Play, sul proprio smartphone/tablet o sui tablet messi a disposizione da MAST).
Sette videoinstallazioni HD a cura di Jennifer Baichwal e Nicholas De Pencier mostrano: la galleria del San Gottardo, in Svizzera, che con i suoi 57km è il tunnel più lungo del mondo; il mega trasporto di carbone via treno nel Wyoming, negli USA; due video sull’abbattimento, anche tramite esplosione, degli alberi pericolosi nella foresta Cathedral Grove di Vancouver Island, in Canada; i bacini sotterranei del grande serbatoio idrico di Saint Clair a Toronto; la enorme miniera di lignite di Hambach, in Germania; la desolazione della città mineraria di Norlisk, in Russia.
La proiezione su parete mostra la ricerca di materiali da rivendere nella grande discarica africana di Dandora, in Kenya.
Due murales ad alta risoluzione illustrano nei dettagli la lussureggiante foresta Cathedral Grove di Vancouver Island e il relativo sistema di mantenimento; e il brulichio del Mushin Market di Lagos, in Nigeria, la più grande e sovrappopolata città dell’Africa.
Hanno co-curato la mostra: Urs Stahel, che cura sia la PhotoGallery sia la collezione di Fondazione MAST, Sophie Hackett e Andrea Kunard rispettivamente curatrici della Fotografia dell’Art Gallery of Ontario di Toronto e della National Gallery of Canada di Ottawa.
La mostra, esplorando gli effetti delle attività umane sul Pianeta, si inscrive nel progetto artistico della Fondazione MAST che dal 2013 conduce una riflessione approfondita sul rapporto tra l’uomo e il mondo del lavoro attraverso esposizioni di fotografia [tratte dalla collezione di Fondazione MAST o provenienti da musei, archivi e raccolte private], che raccontano il settore produttivo, le comunità dei mestieri e l’occupazione in genere.