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Aloe Zebrina (già A. lettyae), una sudafricana chiamata anche “Aloe lattuga”

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Aloe Zebrina

Quando, anni fa, me la regalarono, questa pianta si chiamava Aloe lettyae ed era una specie del gruppo delle “saponarie”, quelle specie che un tempo venivano usate per il loro contenuto gelatinoso, addirittura al posto dell’Aloe vera.  Oggi, per colpa della genetica, la specie è diventata Aloe zebrina. La genetica ha modificato la definizione delle specie e neppure l’Aloe saponariaè più un nome considerato valido, ma un sinonimo della specie Aloe maculata. È quindi sempre più difficile affezionarsi ai nomi delle piante che coltiviamo, per questo con gli amici abbiamo deciso di continuare ad usare tra di noi i soliti nomi; soltanto negli articoli che pubblichiamo utilizzeremo le nuove nominalizzazioni. L’ Aloe zebrina deve il suo nome alle strisce che i puntini bianchi formano sulle sue foglie; secondo Reynolds, che riporta un appunto di Baker (autore della prima descrizione dell’Aloe zebrinanel 1878 in Trans. Linn. Soc. 1, 264), gli esemplari utilizzati per descrivere la specie sono stati trovati da Welwitsch a Barra do Bengo in Luanda e a Lebongo in Angola.  Invece la A.lettyaeera stata descritta  proprio da Reynolds (nel 1937) usando esemplari sudafricani, raccolti nel Nord del Transvaal, a Duivelskloof. Sembra poco, ma il “locus typicus” è importantissimo: in alcuni casi gli esemplari potrebbero essere stati importati e successivamente essersi naturalizzati nei nuovi areali, come è successo con l’Aloe vera e l’Aloe barbadensis.

Aloe zebrina detta anche Aloe lattuga

Aloe zebrina già A. lettyae

Certo ora le specie sono individuate da ricerche genetiche molto serie, e quindi i sinonimi sono realmente tali, ma il nome A. lettyae era affascinante: Reynolds aveva dedicato la specie alla più importante disegnatrice botanica del Sudafrica, Cytna Lindenberg Letty (1895-1985), una artista così importante da ricevere onorificenze, dediche di parchi e addirittura una laurea ad honorem (nel 1973) dall’Università di Witwatersrand. Gli esemplari sudafricani di questa specie hanno meritato il nome di “Aloe lattuga” poiché, in natura, sembrano dei cespi d’insalata nell’erba alta del Limpopo, nel territorio ad est di Polokwane oppure nei cespugli sugli altipiani sudafricani ad altitudini intorno ai 1000 metri.

Anche il gruppo delle Aloe saponarie ha cambiato nome

Aloe zebrina, Aloe lettyae, Aloe maculata, Aloe saponaria, erano tutte specie che facevano parte del gruppo delle “saponarie”; in particolare l’Aloe saponaria era la specie più famosa tra le Aloe, utilizzata nella farmacopea dell’epoca, prima che si diffondesse e diventasse di moda l’Aloe vera. Attualmente, tra le specie che ho elencato, soltanto due sono rimaste valide: Aloe zebrina, e Aloe maculata; in compenso molte specie che avevano differenze nelle fioriture sono state riconosciute come sinonimi e pubblicate come tali sui bollettini del Kew Garden. Per i coltivatori di Aloeriporto l’elenco dei sinonimi dell’Aloe zebrina :

  • Aloe ammophila Reynolds
  • Aloe angustifolia Groenew
  • Aloe bamangwatensis Schönland
  • Aloe laxissima Reynolds
  • Aloe lettyae Reynolds
  • Aloe platyphylla Baker

Questo è invece l’elenco dei sinonimi dell’Aloe maculata:

  • Aloecommutata Tod.
  • Aloegrahamii Schönland
  • Aloemacracantha Baker
  • Aloe picta Thunb.
  • Aloetrichotoma Colla
  • Aloedisticha Mill.
  • Aloelatifolia (Haw.) Haw.
  • Aloemaculosa Lam.
  • Aloesaponaria (Aiton) Haw.
  • Aloetricolor Baker
  • Aloegasterioides Baker
  • Aloeleptophylla N.E.Br. exBaker
  • Aloeobscura Mill.
  • Aloespuria A. Berger
  • Aloeumbellata DC.

Qualche anno fa il nome Aloe saponariaera ritenuto valido e, al di là del nome, la specie a Roma è ancora endemica. L’ho dimostrato con le foto di un gruppo con un centinaio di esemplari che ha colonizzato un muro a quattro metri di altezza, in via del Castro Laurenziano, a meno di 500 metri dall’università “La Sapienza”. 

Via del castro Laurenziano a Roma

Caratteristiche dell’Aloe zebrina

  •  È una pianta senza tronco (acaule) o con un breve tronco, ha una crescita a rosetta da 10 a 20 foglie, qualche volta la parte apicale delle foglie è secca. 
  • A seconda degli areali, o dei luoghi di coltivazione, la pianta si presenta solitaria o accestente, anche in vaso a Roma la specie riesce ad accestire.
  • Le foglie, aculeate, sono erette e, a seconda del terreno di crescita, sono più o meno ricche di gel; anche il colore delle foglie è variabile: se l’esemplare è coltivato in ambienti aperti e molto luminosi hanno un colore verde scuro tendente al bruno, che diventa più verde se la pianta cresce in ombra. 
  • Le foglie, come avevo anticipato, a volte hanno la punta secca; i punti bianchi formano quasi delle righe che danno alla specie il nome di “zebra”. 
  • Le spine sono dure, di colore bruno scuro e lunghe fino a 7 mm, e tra loro distano da 10 a 16 mm .
  • La fioritura in natura è tra gennaio e marzo, ma in alcuni areali è tra maggio e giugno; la spiga floreale singola è alta da 100 a 120 cm e si divide in diversi racemi eretti lunghi circa 40 cm.
  • I fiori, radi, sono lunghi circa 3,5 cm e il loro colore va dall’arancione al rosso; hanno una forma sferica pronunciata intorno all’ovario. La parte finale del fiore (prossima all’apertura) ha margini giallastri.
  • Il peduncolo con cui sono collegati al racemo è lungo 6 / 7 mm.
  • Come ho anticipato, questa Aloeè di origine angolana, ma è distribuita in tantissimi areali africani, specialmente in Sudafrica. Ciò giustifica la grande variabilità della specie.
  • In coltivazione la specie è generosa e la riproduzione è abbastanza semplice, sia per semina che per talea. 

In realtà i miei esemplari si discostano dalla descrizione, infatti sono di origine sudafricana e meritano il nome di “Aloe lattuga” (che era specifico delle Aloe lettyae); le foglie delle mie piante sono di forma meno allungata e più triangolari. Per la mia esperienza l’Aloe zebrina accestisce anche in piccoli vasi e a Roma, in terrazza, ha superato il freddo eccezionale dello scorso inverno. Naturalmente, come tutte le succulente, va tenuta all’asciutto durante i nostri mesi invernali.

Dettaglio di foglia di Aloe zebrina 
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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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