Home Sport e Spettacolo Clara Uson, “La figlia”: tra saggio storico e romanzo

Clara Uson, “La figlia”: tra saggio storico e romanzo

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Pubblicato nel 2013 dalla casa editrice Sellerio, La figlia è un romanzo della scrittrice catalana Clara Uson che, dopo aver letto la notizia del suicidio della giovane Ana, figlia del generale Ratko Mladic, inizia una ricerca che la terrà occupata per tre lunghi anni e confluirà in questo libro, a metà tra un saggio storico e un romanzo.

La trama del libro

In La figlia Ci troviamo immersi in una “galleria di eroi”, carica di informazioni storiche riguardo personaggi del calibro di Milosevic, Karadzic e, ovviamente, Mladic. Allo stesso tempo, però, la scrittrice ipotizza l’ultimo periodo di vita di Ana, figlia del generale, che una notte decide di suicidarsi con la pistola preferita del padre. Ana è la migliore studentessa del corso di laurea in chirurgia, una ragazza socievole, determinata, che ama – ricambiata – il proprio padre. Un padre che la giovane vede come un eroe, un militare che non vorrebbe essere costretto a fare la guerra e ancor più cancellare questo termine da tutte le lingue del mondo affinché l’umanità possa vivere in pace. Un padre che narra le atrocità subite dal popolo serbo e che sta combattendo solo per difendere la propria gente. Inutile dire che Ana gli crede ciecamente: è una ferma nazionalista, convinta che le Nazioni Unite e le TV internazionali siano coinvolti in un complotto per distruggere i serbi. Ma poi qualcosa cambia: la ragazza parte per un breve viaggio con alcuni amici e scopre una nuova immagine del padre riflessa negli occhi del resto del mondo: quella di un criminale di guerra. Tornata a casa non sarà più la stessa e poco dopo si toglierà la vita.

Il gesto estremo di Ana, protagonista de La figlia

Immerso in una lettura scorrevole e non appesantita dai capitoli storici, il lettore scopre insieme ad Ana chi è davvero Ratko Mladic, di quali crimini si è macchiato e cosa sta succedendo oltre i confini della Serbia. Partecipa in prima persona all’iniziale negazione, capisce quali sentimenti portano Ana ad essere incredula circa la vera natura di suo padre e comprende perché la ragazza si ostini a vedere complotti dappertutto. Del resto, chi accoglierebbe con serenità la notizia che il proprio padre è un criminale di guerra? Ma anche il figlio più affezionato non può negare la storia e così la scrittrice condivide la propria versione dell’accaduto con l’aiuto di un racconto di Tolstoj, Dopo il ballo. Il gesto estremo di Ana può dunque essere letto come la consapevolezza di non potersi distaccare dalle azioni di suo padre perché la colpa dei genitori ricade in parte sui figli. Allo stesso tempo, rappresenta la presa di coscienza e la conseguente perdita di innocenza della ragazza che si trova schiacciata tra due sentimenti opposti: l’amore per suo padre e l’orrore per le azioni del generale. Un testo dalla duplice funzione data dalla volontà di non dimenticare ciò che è accaduto nei Balcani e dalla voglia di riflettere sul fatto che anche i criminali di guerra sono esseri umani e che persino la loro mostruosità non è altro che una delle tante espressioni – la più oscura – della natura umana.

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