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Pasta a rischio, colpa del clima

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I cambiamenti climatici nella regione mediterranea stanno spingendo la coltivazione del frumento duro sempre più a Nord, mettendo a rischio la produzione italiana della pasta, che potrebbe dipendere sempre più dalle importazioni. A lanciare l’allarme è il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), che per fare il punto sullo stato della ricerca ospiterà il convegno “Genetics and Breedings of Durum Wheat”, in programma a Roma dal 27 al 30 maggio.

“Il cambiamento climatico sta rendendo l’area del Mediterraneo sempre più inospitale per la coltivazione del frumento che, spinto sempre più a Nord, sperimenterà agenti patogeni e condizioni ambientali differenti”, spiega Domenico Pignone dell’Istituto di genetica vegetale del Cnr di Bari. Secondo Coldiretti, la produzione italiana di frumento duro é di 4,2 milioni di tonnellate, e il Paese resta dipendente dall’estero per circa il 40% del proprio fabbisogno.

Pasta a rischio, colpa del clima

“L’Italia, un po’ come è avvenuto con la seta, da paese produttore potrebbe diventare totalmente importatore, con pesanti ricadute economiche”, prosegue Pignone. “E’ necessario mettere a frutto strategie di miglioramento genetico tali da permettere lo sviluppo di un prodotto di qualità, in grado di dare produzioni sostenibili nell’ambito dei nuovi scenari”. Ma per Barilla non è così: “La pasta italiana è al sicuro” replica Emilio Ferrari, Responsabile Acquisti Grano di Barilla. Barilla, leader mondiale nel mercato della pasta e anche il primo trasformatore di grano duro al mondo (trasforma ogni anno circa 1.400.000 tonnellate di grano duro), sottolinea che opera da anni nella ricerca e selezione di varietà di grano duro di alta qualità in Italia per la produzione della sua pasta. “Attraverso gli incroci varietali, insieme a Produttori Sementi Bologna, abbiamo sviluppato varietà di grano con caratteristiche adeguate ai diversi climi lungo il Paese”, precisa il gruppo di Parma in una nota. La varietà Normanno, ad esempio, è particolarmente resistente ai climi più freddi, come quello tipico dell’Emilia Romagna (qui, peraltro, grazie ad un accordo quadro con la Regione Emilia Romagna cominciato nel 2006, la quantità di grano prodotta localmente e utilizzata presso il mulino Barilla di Parma si è raddoppiata nel corso di 7 anni). Un’altra varietà è Aureo, un grano di qualità eccellente coltivato nel sud Italia. La coltivazione di Aureo ci ha consentito di sostituire alcune importazioni di grano dalle zone desertiche degli Stati Uniti. Barilla inoltre “fornirà agli agricoltori aderenti ai propri contratti di coltivazione, sistemi di supporto alle decisioni, come granoduro.net, in grado di consigliare le pratiche agronomiche più adatte a gestire gli andamenti climatici delle diverse campagne” annuncia infine il gruppo. Ma, certo, al Cnr non bastano le rassicurazioni di Barilla.

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