C’è una pianta che è da ammirare per molte delle sue caratteristiche, la Portulaca oleracea, già conosciuta e usata nell’antichità, descritta da Varrone, ma anche da Plinio il Vecchio e da Columella. Troverete alcune ricette per consumarla come sofisticata pietanza, ma anche un poco della storia e alcuni incredibili aspetti florovivaistici.
Lo confesso, tra gli altri miei vizi ho quello di essere appassionato dell’antica Roma, della sua storia, della vita quotidiana dei suoi abitanti, meglio dei suoi sudditi. Come la maggior parte degli “appassionati” di fatto sono un tifoso, più che uno studioso, di quella che considero la vera Roma antica: per me la Roma imperiale del primo secolo. Comprenderete quindi la mia predilezione per Columella (Cadice 4 d.C.- Taranto 70 d.C.) e Plinio (Como 23 d.C.- Stabia 25 agosto 79 d.C.), la cui data di morte è tra le più certe, visto che morì il giorno successivo all’eruzione del Vesuvio, mentre cercava di risalire da Stabia a Pompei pe
Portulaca ed eros
La Portulaca accomuna tutti e tre questi grandi scrittori, ne parlano sia Plinio che Columella che Varrone. Plinio tra i tre è quello che ne fornisce una breve storia e nel terzo volume della monumentale “Storia naturale” che Einaudi ha tradotto ed edito nei Millenni, parla dell’uso che ne facevano gli antichi greci che, a suo dire, avevano scoperto che la pianta mangiata fresca (in grande quantità) era in grado di “smorzare gli ardori virili”. Per questo motivo i signorotti greci, quando avevano un amico in casa, gli offrivano dei grandi piatti di Portulaca. Un amico è un amico, ma meglio evitare le tentazioni! Sempre secondo Plinio, Pitagora (e quindi i pitagorici) la consideravano assolutamente da evitare proprio per la sua azione sulla libido. Di fatto la Portulaca contiene molte vitamine, dalla A alla C, ed anche alcune del gruppo B. Contiene minerali importanti per il metabolismo, ma soprattutto Omega 3 ed altri acidi grassi.
L’origine del nome
Ho letto un intero capitolo sull’origine del nome Portulaca, e in particolare sui nomi regionali e le loro origini. Permettetemi di ricordare che fino a qualche anno fa solo il latino era ammesso dai botanici per descrivere le specie, e questo a livello mondiale, la ragione deriva dal lavoro di Plinio e degli altri che si son presi la briga di descrivere la natura. Nel caso della Portulaca l’origine è facile da scoprire: il frutto secco delle piante di questo genere ha degli sportelli, delle “piccole porte” che si aprono quando piove e fanno uscire per dilavamento i semi, quando la pioggia cessa gli sportelli si chiudono e conservano i semi ben protetti fino al prossimo acquazzone. Questa strategia ha permesso alla pianta, probabilmente di origine asiatica, di colonizzare mezza Europa spostandosi lentamente, ma inesorabilmente (praticamente a piedi) come pianta infestante. Oggi non la consideriamo molto dal punto di vista alimentare, forse perché siamo abituati a vederla sui marciapiedi, o nei terreni abbandonati, assieme a detriti e deiezioni varie. Qualche anno fa veniva regolarmente coltivata e venduta al mercato, era una delle componenti della “misticanza” romana, a Roma la chiamano “porcacchia”. La (porcacchia) Portulaca oleracea è una pianta succulenta (una delle mie amate grasse) e proprio per questo sono stato invitato a parlarne in televisione nella trasmissione Uno mattina, nello spazio condotto da Luca Sardella, era il 20 maggio del 1998 come risulta della dedica del libro che mi ha regalato lo chef Lorenzo Totò che in trasmissione dava dei consigli su antiche ricette. Devo confidarvi che personalmente diffido delle ricette antiche, come avrò modo di dimostrarvi fino al quarto secolo dopo Cristo le ricette indicavano gli ingredienti ma non le quantità da usare, per questo ogni interpretazione era lecita, anche se i sapori venivano ogni volta diversi. Della capacità dello chef (che esercita in Toscana) di interpretare i gusti moderni non dubito affatto e così vi riporto:
Due semplici ricette a base di porcacchia
le descrivo come le ha date lo chef Totò.
Sugo per la pasta
Per quattro persone occorreranno una ventina di pomodorini, quattro cucchiai d’olio, una sessantina di foglie lavate e asciugate di porcacchia, sale e pepe. Facciamo cuocere della pasta corta, che lasceremo molto al dente, nel frattempo avremo mondato quattro spicchi d’aglio a cui avremo anche tolto il cuore verde e che taglieremo a fettine. Faremo imbiondire l’aglio in una padella in cui avremo messo l’olio. A questo punto aggiungeremo le foglie di porcacchia e un pizzico abbondante di sale, lasceremo cuocere per sei o sette minuti, fino a quando le foglie appassiranno; ora aggiungeremo i pomodorini tagliati a spicchi, lasciandoli cuocere per altri cinque o sei minuti, spegneremo il fornello e aggiungeremo pepe a piacere. Scoleremo la pasta e condiremo, il successo è assicurato.
Pesto alla porcacchia
Ho potuto sperimentare un pesto alla porcacchia che lo chef ha realizzato in trasmissione a freddo in pochi minuti, io lo ho gustato su delle fette di pane bruscato, ma ho saputo che può essere anche usato per condire una pasta fredda. Potremo preparare con anticipo il pesto, dovremo lavare un etto di foglioline di porcacchia, a cui aggiungeremo uno spicchio d’aglio mondato, un bicchiere d’olio, un peperoncino di piccola taglia e di media piccantezza, due gherigli di noce un pizzico di sale. Frulleremo il tutto fino ad avere una crema densa. Questo pesto potrà essere usato su una pasta fredda o su una bruschetta. Considerate anche che al posto delle noci potrete usare dei pinoli o delle mandorle, in questo modo potrete realizzare una serie di varianti e quindi una ricetta proprio vostra.
Ho scoperto che sul sito di Jacopo Fo c’è un blog di persone che raccontano la loro esperienza e danno ricette sulla Portulaca oleracea.
La Portulaca nel florovivaismo
È grazie alle osservazioni fatte sulla fioritura della Portulaca grandiflora che si è capito come fare per realizzare delle chimere botaniche, particolarmente interessanti per il florovivaismo. Si è osservato che in caso di ibridazioni, anche naturali, tra piante con fiori di colore diverso può naturalmente accadere che uno o più rami abbiano un colore differente rispetto a quello della pianta. Questo fenomeno può essere amplificato con particolari incroci ed eventuali irradiazioni degli esemplari con raggi gamma. Le piante chimera ottenute sono composte da più tipi di tessuto geneticamente differente, differenze che si sono sviluppate nei tessuti meristematici, le cosiddette cellule staminali vegetali. Interessante è la possibilità di moltiplicare per talea questo fenomeno rendendolo stabile e quindi utilizzabile anche commercialmente nella creazione di piante particolarmente appariscenti. Attenzione però, anche se la pianta è bellissima ed è facile da coltivare, è bene riflettere prima di regalarla: nel linguaggio dei fiori la Portulaca sta per “senza pudore” proprio per il suo modo di crescere disordinato ed irruento.