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Percosse domestiche, da reato penale a reato amministrativo

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Duma

Nell’estate del 2016 la Corte Suprema russa ha stabilito che non è un reato penale arrecare percosse che non causano danni fisici nei confronti di qualcuno estraneo alla famiglia. La sentenza, che non ha modificato il carattere penale delle percosse arrecate ai danni di coniuge e figli, ha fatto insorgere alcuni deputati conservatori. È stata così proposta una riforma, che ha l’obiettivo di equiparare le percosse di un estraneo a quelle di un familiare. Si potrebbe pensare che ciò ha un senso: che sia un estraneo a dare uno schiaffo ad una donna o suo marito, entrambi dovrebbero rispondere legalmente di questa azione; allo stesso modo, un bambino dovrebbe essere difeso indipendentemente dal grado di parentela che ha con l’adulto che lo schiaffeggia. Il problema vero, però, è che i parlamentari hanno chiesto che anche le violenze perpetrate nell’ambito delle mura domestiche non siano più considerate reati penali. È come dire: visto che un passante non va in prigione se picchia una donna, perché deve andarci suo marito?

Percosse domestiche, da reato penale a reato amministrativo

Nei giorni scorsi la Duma ha approvato – con 3 soli voti contrari – il passaggio delle percosse domestiche da reato penale a reato amministrativo, che prevede una sanzione economica. Se sarà approvata dal Senato, mancherà solo la firma di Putin per far diventare effettiva la legge. La riforma precisa che tale normativa può essere applicata solo se le percosse non hanno provocato danni permanenti alla salute o nel caso in cui queste non siano reiterate. Tuttavia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce salute “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o infermità”. Ma in che modo è possibile stabilire quali danni permanenti per la salute hanno provocato le percosse? Cosa succede se una moglie o un figlio sono impauriti dal coniuge o dal padre ma non sono rimasti invalidi a causa della sua aggressione? Purtroppo l’onere della prova è a carico delle vittime, nel senso che la riforma non prevede un’azione legale d’ufficio. Quindi, ad esempio, una moglie vittima di violenza domestica dovrà indagare sul proprio caso, produrre prove a carico della sua accusa e presentarsi alle udienze. Il tutto magari continuando a vivere con l’uomo che ha denunciato. Le tesi a cui si appoggiano coloro che hanno proposto la riforma sono varie e tutte allarmanti. La depenalizzazione per i reati in famiglia è una condizione affinché si creino famiglie forti, sostiene il Presidente della Duma, Volodin. La parlamentare Mizulin – già nota per aver sostenuto la legge anti gay approvata nel 2013 – fa invece appello ai valori tradizionali russi, affermando che una legge sul maltrattamento in famiglia è in realtà una pratica anti-familiare, poiché può intaccare i tradizionali metodi educativi russi, che prevedono anche punizioni fisiche. Lo stesso Putin ha affermato che sarebbe meglio non esagerare con le punizioni perché si corre il rischio di distruggere le famiglie. Sembra quindi più importante proteggere le tradizioni culturali familiari, con il rispetto-timore nei confronti del padre o del coniuge piuttosto che garantire l’incolumità a tutti i cittadini in ogni luogo. Perché ciò che accade tra le mura domestiche non deve essere affare di Stato e la famiglia deve risolvere da sola le proprie problematiche. Poco importa, dunque, se alcune organizzazioni umanitarie denunciano che in un anno tra le novemila e le quattordicimila donne russe vengono uccise dai mariti o dai compagni, che vi sono pochissimi servizi che si occupano di violenza domestica e che coloro che non sono d’accordo con questa riforma non sono mai stati autorizzati a scendere in piazza. Seguendo questa scia che difende a priori le proprie tradizioni, gli Stati Uniti potrebbero reintrodurre la schiavitù, e le adultere italiane essere ancora in balia del delitto d’onore. “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità” ha detto qualcuno. Purtroppo, stavolta, il passo sta per essere fatto indietro.

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