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Aloe broomii: una pianta facile da classificare (se fiorita)

Da molti anni coltivo esemplari di Aloe broomii, ma sulla mia terrazza a Roma non ne ho mai visto fiorire alcun esemplare. Alcuni amici che la coltivano in serra non hanno questo tipo di problema e mi hanno inviato le foto della caratteristica spiga floreale che ha fatto meritare alla specie il nome di “aloe serpente”. Le mie piante diventano grandi, ma forse la quantità di luce solare che ricevono non è sufficiente per dar loro la forza di fiorire. In natura l’Aloe broomii fiorisce in primavera, quando le temperature e la piovosità iniziano ad aumentare, questo succede in Sud Africa sulle montagne vicine all’enclave del Lesotho, nei mesi di settembre e ottobre. Ho parlato dell’importanza della luce solare perché, oltre al nome volgare di “aloe serpente”, gli esemplari della specie vengono anche chiamati “aloe di montagna”, per il fatto che sono stati scoperti e ancora oggi vivono specialmente in montagna (intorno i 2000 metri di altitudine).

Aloe broomii un’aloe di montagna

Spiga floreale

La parte orientale del Sud Africa è attraversata dalla catena dei monti Lubombo (i “monti dei draghi” o “drakensberg”) che arriva fino al Mozambico. Tra il Tarkastad ed il Lesotho, nel 1936, il solito Gilbert Westacott Reynolds trovò una varietà di Aloe broomii, che descrisse come A.broomii var. tarkaensis proprio per il luogo del ritrovamento che era nella provincia di Tarkastad. A differenza della Aloe broomii broomii la fioritura della var. tarkaensis in natura avviene alla fine dell’estate sudafricana (nei mesi di febbraio e marzo); oggi questa varietà è molto rara, anche perché, pur essendo più grande e vigorosa ha un areale molto piccolo rispetto alla normale Aloe broomii, che invece è presente in natura dagli altipiani del Lesotho fino al Karoo. Anche questa specie e la sua varietà sono inserite nella lista rossa delle piante in pericolo di estinzione, non tanto per la loro scarsa diffusione ma proprio per l’uso che ne viene fatto dagli allevatori sudafricani.

Un efficace medicinale ad uso veterinario

Anni fa Ernst Van Jaarsveld ci raccontò di come in Sud Africa gli ospedali e le cliniche veterinarie utilizzassero sia le Gasteriae che le Aloe broomii per diversi scopi terapeutici. A suo dire gli allevatori di bestiame fanno bollire le foglie tagliate e sezionate dell’Aloe broomii, questo procedimento produce un liquido marrone con cui gli allevatori disinfettano le orecchie delle pecore. Sempre lo stesso liquido viene usato per fare dei lavaggi ai vitelli che in questo modo vengono anche difesi dalle zecche e dagli animali che succhiano il sangue. Sembra che dando da bere un solo cucchiaio di quel liquido ad un cavallo il suo sangue diventi così amaro e cattivo che tutte le zecche si staccano. Purtroppo l’effetto dura solo poche ore. Il liquido marrone viene anche tradizionalmente usato come disinfettante per le ferite. In Sud Africa le politiche protezionistiche verso le specie di Aloe endemiche fino a qualche anno fa erano scarse, e il proprietario del terreno su cui queste crescevano poteva farne quel che voleva; ora le cose sono migliorate e alcuni siti sostengono che non esiste per questa specie alcuna minaccia dovuta all’attività umana, personalmente però non ne sono così sicuro.

Aloe broomii: descrizione della specie

L’Aloe broomii è stata descritta dal botanico tedesco Selmar Schönland in Record of the Albany Museum 137 nel 1907, sulla base di esemplari raccolti nel 1905 a Pampoenpoort; successivamente venne di nuovo descritta da Berger. Il nome “broomii” è stato dato alla specie in onore del medico scozzese Robert Broom che la scoprì in una delle sue esplorazioni e che raccolse gli esemplari usati per la descrizione. In realtà il dottor Broom era uno scienziato “romantico”, di quelli completamente votati alla scienza, al punto da dimenticare i suoi interessi e la sua carriera professionale. Fu con molto piacere che dopo essersi laureato e specializzato in Scozia si trasferì a Stellenbosch, dove divenne prima docente di zoologia e geologia al Victoria College e poi contribuì con le sue scoperte allo sviluppo della paleontologia umana in Sud Africa. Le sue ricerche, che portarono a preziosi ritrovamenti, erano tutte autofinanziate. Quando ormai il dottor Broom era sull’orlo della bancarotta, altri scienziati suoi amici lo raccomandarono al Governo sudafricano come curatore della sezione paleontologica, prima al museo di Città del Capo e poi a quello di Pretoria.

Le caratteristiche

Come ho più volte ricordato, spesso è estremamente difficile identificare una specie di Aloe senza vederla fiorire, in questo caso è ancora più vero: è il racemo floreale l’elemento caratteristico.

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